sabato 29 dicembre 2018
giovedì 20 dicembre 2018
domenica 9 dicembre 2018
Franco Battiato - Inneres Auge
Grande Battiato, a distanza di anni, la canzone e le parole sono cosi attuali..
giovedì 6 dicembre 2018
domenica 2 dicembre 2018
I dipendenti non scappano...
I dipendenti non scappano dalle aziende ma dai capi
incapaci…
Non ci sono solo stipendi e tipologie contrattuali scadenti a far fuggire i
dipendenti dalle aziende alla prima occasione. C’entra molto lo stile
manageriale: se non si sentono rispettate e gratificate, le persone prima o poi
se ne vanno.
Perché se è vero che le aziende sono fatte da persone,
è anche vero che le aziende sono gestite da capi e capetti e non tutti
gestiscono i lavoratori allo stesso modo. Ecco perché può capitare – più spesso
di quanto si immagini – che si venga spostati da un’area all’altra e tutto
cambi: la gestione delle riunioni, degli straordinari, delle consegne. Il lavoro continua a piacere, lo stipendio va anche bene, si crede quello che si fa eppure l’organizzazione non è quella di prima.
Quello che desideriamo sono luoghi di lavoro che abbiano un’anima, rapporti più autentici, e tanta UMANITA' !
Quello che desideriamo sono luoghi di lavoro che abbiano un’anima, rapporti più autentici, e tanta UMANITA' !
by Gargyarella
sabato 1 dicembre 2018
mercoledì 21 novembre 2018
Riforma Pensioni...
Riforma Pensioni, Ecco gli emendamenti segnalati alla Legge di Bilancio per il 2019 !
Tra gli emendamenti proposti spicca la nona salvaguardia nei confronti di altri 6mila lavoratori non inclusi nei precedenti provvedimenti di tutela. Dentro anche la proroga dell'opzione donna e altri interventi minori.
Proroga dell'opzione donna e dell'ape sociale, nona salvaguardia pensionistica e un primo stop agli adeguamenti alla speranza di vita Istat che dovrebbero scattare dal 1° gennaio 2019. Sono questi i principali emendamenti segnalati ieri dai gruppi politici alla Legge di Bilancio per il 2019 presso la Commissione Bilancio della Camera e che saranno messi in votazione nei prossimi giorni. La segnalazione significa che i partiti hanno già fatto una scrematura delle richieste più importanti su cui concentrare i lavori.
Proroga dell'opzione donna e dell'ape sociale, nona salvaguardia pensionistica e un primo stop agli adeguamenti alla speranza di vita Istat che dovrebbero scattare dal 1° gennaio 2019. Sono questi i principali emendamenti segnalati ieri dai gruppi politici alla Legge di Bilancio per il 2019 presso la Commissione Bilancio della Camera e che saranno messi in votazione nei prossimi giorni. La segnalazione significa che i partiti hanno già fatto una scrematura delle richieste più importanti su cui concentrare i lavori.
Spiccano in particolare ben quattro emendamenti in materia di nona salvaguardia pensionistica sostenuti praticamente da tutti i gruppi politici (21.067 a prima firma del deputato Fatuzzi, 21.70 Epifani, 21.29 Gribaudo, 21.026 Rizzetto); si tratterebbe dell'ennesimo provvedimento che punta a consentire il mantenimento delle vecchie regole di pensionamento, nei confronti di coloro che al 31 dicembre 2011 avevano cessato il rapporto di lavoro o avevano siglato accordi di risoluzione con il datore di lavoro. Le proposte sono molto simili tra di loro: tutte prevedono una consistenza numerica della salvaguardia sino a 6mila lavoratori e non prevedono limiti di decorrenza o di maturazione dei requisiti pensionistici (a differenza di quanto previsto nelle precedenti salvaguardie). Alcune rimandano però ad un successivo decreto ministeriale la fissazione dei criteri di accesso alla salvaguardia anche in accordo con le parti sindacali.
Le altre proposte si collocano nell'alveo delle aperture dell'esecutivo nei giorni scorsi. Dunque non sono nuove rispetto alle anticipazioni "attese" nel decreto di fine anno. Compaiono così alcuni emendamenti in materia di proroga dell'opzione donna oltre il 2015 e sull'ape sociale con diversi tentativi di ampliare le categorie beneficiarie. Un altro pacchetto di emendamenti riguarda la sospensione del prossimo adeguamento alla speranza di vita atteso dal 1° gennaio 2019.
All'interno trovano spazio anche altri inviti minori ma comunque interessanti. C'è la richiesta di aumentare a 350 euro al mese gli importi delle prestazioni di invalidità civile, la riapertura dei termini per invocare i benefici per l'esposizione ultradecennale all'amianto, lo scomputo delle pensioni di guerra dai redditi rilevanti per l'assegno sociale, l'istituzione di un assegno cura per i titolari dell'indennità di accompagnamento, una disposizione specifica per evitare la riduzione dell'anzianità contributiva utile ai fini del diritto a pensione in caso di lavoro part-time verticale, obiettivo di recepire i più recenti orientamenti della giurisprudenza.
Da segnalare anche la proposta di esentare le Casse Professionali dal pagamento dei costi per la gestione delle pensioni in regime di cumulo dopo la stipula lo scorso anno della Convenzione Quadro. Sarebbe l'Inps, in questo caso, a dover sostenere per intero i costi delle pratiche divenendo l'unico ente erogatore della pensione in cumulo utilizzando a tal fine le risorse stanziate nella legge 205/2017 (che metteva a disposizione un plafond inferiore a 100 milioni di euro). Sul fronte welfare spicca la proroga del bonus bebè, i voucher per i servizi di baby-sitting in alternativa al congedo parentale, il rafforzamento del congedo di paternità.
Domenico L.
sabato 10 novembre 2018
mercoledì 7 novembre 2018
Naspi e incentivo all’esodo.
NASPI e incentivo all’esodo, è possibile farne richiesta?
Quando viene attivata una procedura di esodo volontario con risoluzione consensuale, questa è assimilabile alle dimissioni e non al licenziamento.
Quindi, in questi casi, la NASPI non spetta, perché l’obiettivo dell’indennità di disoccupazione è tutelare il lavoratore in caso di perdita involontaria del lavoro.
È, pur vero che nelle procedure di esodo, l’uscita è involontaria in quanto “forzata”, ma giuridicamente è trattata come una cessazione volontaria, perché la risoluzione non è conseguente a un licenziamento.
A chi non spetta la NASPI?
Non sono destinatari della indennità di disoccupazione: i dipendenti a tempo indeterminato delle Pubbliche Amministrazioni; gli operai agricoli a tempo determinato e indeterminato; i lavoratori extracomunitari con permesso di soggiorno per lavoro stagionale, per i quali resta confermata la specifica normativa.
Inoltre, non possono accedere all’indennità di disoccupazione NASpI i lavoratori titolari di trattamento pensionistico diretto.
La NASPI, indennità di disoccupazione, può beneficiarne solo nel caso in cui il lavoro sia stato perso involontariamente. Quindi, spetta in tutti i casi di licenziamento, anche quelli per giusta causa e anche disciplinare.
Molti i quesiti che ci sono perenuti sulla NASPI e il possesso della Partita IVA, abbiamo chiarito che può ricevere la Naspi un disoccupato che svolge un’attività come lavoratore autonomo o parasubordinato, se rispetta il limite di reddito lordo annuo. Su questo punto il Ministero del lavoro con la circolare 34/2015 ha chiarito che la condizione di “non occupazione” è riferita a chi non svolge attività lavorativa, in forma subordinata, parasubordinata o autonoma. Il limite di reddito lordo annuo da rispettare è di euro 4.800.
Come si Calcola l'assegno di Esodo (Isopensione)...
I lavoratori del settore privato dipendenti di aziende con un organico mediamente superiore a 15 unità possono aderire ad uno scivolo pensionistico, pagato interamente dall'azienda, sino a 4 anni in attesa della maturazione della pensione.
L'operazione è particolarmente onerosa per l'azienda che, infatti, oltre all'assegno deve anche provvedere al versamento all'Inps della copertura contributiva (cioè la contribuzione correlata), utile a garantire ai lavoratori la copertura pensionistica fino al raggiungimento del diritto all'assegno di quiescenza definitivo. Senza dunque che la procedura determini alcuna penalità sulla pensione per il lavoratore.
Una delle principali problematiche per i lavoratori sta nella corretta determinazione della misura di tale assegno che, è bene ricordarlo, non è una pensione vera e propria ma assume una natura speciale al pari degli assegni straordinari di settore erogati dai Fondi settoriali. Il valore della prestazione è pari all'importo del trattamento pensionistico che spetterebbe al lavoratore al momento di accesso alla prestazione medesima, in base alle regole vigenti, esclusa la contribuzione figurativa correlata che il datore di lavoro si impegna a versare per il periodo di esodo.
Ad esempio si ponga il caso di un lavoratore accede all'isopensione nel 2018 con 39 anni e 10 mesi di contributi ad un'età di 58 anni per una durata di tre anni in attesa di raggiungere i 42 anni e 10 mesi di contributi nel 2021 (non si considerino in questa sede gli effetti dei futuri adeguamenti alla speranza di vita che scatterebbero nel 2019) necessari per la pensione anticipata con un'età di 61 anni. L'assegno di isopensione sarà determinato sulla base di 39 anni e 10 mesi di contributi con le normali regole di calcolo di una pensione applicando, per la determinazione della quota contributiva dell'assegno, il coefficiente di trasformazione previsto per l'età di 58 anni. Eventuali benefici pensionistici utili per il diritto e la misura, previsti da specifiche disposizioni legislative (ad esempio: maggiorazione del periodo di servizio effettivamente svolto da soggetti portatori di invalidità superiore al 74%, benefici amianto, ecc.) devono essere comunque valutati ai fini del diritto e della determinazione dell’importo pensionistico.
Una volta che il lavoratore avrà raggiunto i requisiti per la pensione anticipata la prestazione viene trasformata in pensione con riliquidazione sulla base dell'anzianità contributiva piena (cioè 42 anni e 10 mesi di contributi) e con applicazione, per la determinazione della quota contributiva della pensione, del coefficiente di trasformazione legato all'età di 61 anni. L'assegno di isopensione sarà quindi, almeno di regola, sempre di importo leggermente inferiore alla pensione che il lavoratore percepirà alla cessazione dell'assegno in quanto carente della contribuzione correlata versata dall'azienda e perchè calcolato sulla base di coefficienti di trasformazione più bassi rispetto al momento del pensionamento.
Gli aspetti Fiscali
Da notare, tuttavia, che sull’importo della prestazione non è attribuita la perequazione automatica (dunque l'importo non cambia per effetto dell'inflazione), non spettano i trattamenti di famiglia (ANF), non possono essere effettuate trattenute per il pagamento di oneri (ad esempio: per riscatti e ricongiunzioni che devono quindi essere interamente versati prima dell’accesso alla prestazione; per cessione del quinto dello stipendio; per mutui ecc.). La prestazione, inoltre, non è reversibile ai superstiti. In caso di decesso del beneficiario, ai superstiti viene liquidata la pensione indiretta, con le norme ordinarie, tenendo conto anche della contribuzione figurativa correlata versata in favore del lavoratore durante il periodo di erogazione della prestazione.
Dal punto di vista fiscale la prestazione di isopensione è considerata reddito da lavoro dipendente, dunque dà diritto all'applicazione delle detrazioni legate al reddito previste per il lavoro dipendente (che sono leggermente più favorevoli rispetto a quelle previste per il reddito da pensione) ed, inoltre, consente l'attribuzione anche del bonus degli 80 euro previsto dal Dl 90/2014 ove, naturalmente, il reddito annuo del titolare risulti situato entro i 26 mila euro. Tale beneficio non è invece previsto per i pensionati: dunque al momento della trasformazione in pensione il titolare dell'isopensione perde tale beneficio. Anche l'isopensione, al pari della pensione, è corrisposta per 13 mensilità annue e consente al percettore di reimpiegarsi in attività di lavoro (subordinato o autonomo) senza subire alcuna decurtazione dell'importo.
La riduzione
Si rammenta che per effetto dell'abolizione della penalizzazione sulla pensione anticipata (taglio dell'1-2% per ogni anno di anticipo rispetto all'età di 62 anni) con la legge di bilancio per il 2017 anche gli assegni di isopensione non subiscono più tale penalità. Nel caso sopra esposto, infatti, dato che il lavoratore avrebbe guadagnato la pensione anticipata con meno di 62 anni avrebbe subito una penalità dell'1% che sarebbe stata estesa anche al valore dell'isopensione.
giovedì 25 ottobre 2018
Quota 100, Quanto si perde andando in pensione prima...
Quota 100, Quanto si perde andando in pensione prima…
Il meccanismo contenuto nella legge di bilancio non prevede alcuna penalità sulle regole di calcolo dell'assegno. Ma nonostante ciò continuano a girare cifre allarmanti circa una riduzione del trattamento sino al 20%.
In questi giorni continuano ad essere rilanciate tante percentuali su quanto perdono in pensionati andando in pensione con la quota 100 anzichè attendere l'età (o i contributi) necessari per la pensione con le regole attuali. Si parla di penalità che vanno dal 5 al 20% e ci si lascia ad una serie di commenti che lascerebbero intuire che aderire alla novità non sarebbe conveniente. Per tutelare il valore dell'assegno. Questi ragionamenti fanno un pò sorridere; è un pò come fare la scoperta dall'acqua calda.
E' ovvio che se vado in pensione con 38 anni di lavoro e 62 anni invece che attendere i 42/43 anni previsti con la Legge Fornero, la pensione risulterà inferiore per via del fatto che ho lasciato prima il posto di lavoro. Otterrò una pensione inferiore perchè ho versato meno contributi rispetto ad una persona che si ritira 5 anni dopo. E perchè tecnicamente si riduce il rendimento della quota contributiva della pensione dato che attiverò un coefficiente di trasformazione inferiore rispetto a quello che godrei aspettando altri cinque anni. Ma questo discorso lo potrebbe fare anche una persona che ha 42 anni di contributi e decide, pur potendo andare in pensione attualmente, di restare in servizio per altri 3 anni, sino a 45 anni di contributi. Non diremmo certo che se esce "subito", con 42 anni di versamenti, sta subendo una penalità sulla pensione. Fa parte delle regole del gioco.
Per cui ragionare esclusivamente in termini di quanto perderei sul reddito pensionistico in realtà non ha molto senso. Quel che conta sapere è che la quota 100 non prevede penalità sulle regole di calcolo della pensione, dato non affatto scontato sino a poco tempo fa. Pertanto se ho 18 anni di contributi al 1995 continuerò ad avere il calcolo retributivo sino al 2011; se ho meno di 18 anni al 1995 la pensione mi sarà calcolata con il contributivo dal 1996 in poi. E' appena il caso di evidenziare, peraltro, come la maggior parte dei beneficiari della quota 100 si trova nella seconda casistica e, quindi, ha larga parte dell'assegno calcolata con il sistema contributivo. Avrebbe quindi più senso chiederci quanto rende un anno in più di lavoro in pensione secondo le normali regole di calcolo dell'assegno. La tavola sottostante riepiloga tutti i coefficienti di trasformazione vigenti.
Una cosa di cui, inoltre, non si tiene conto riguarda la distinzione da fare tra quanti sono ancora in costanza di attività lavorativa e quanti no. Per i primi si può concretizzare l'opzione di cui abbiamo appena discusso, e cioè restare comunque in servizio arrivando maturare una pensione più succulenta, per i secondi evidentemente no. Per queste platee l'alternativa attuale è attendere l'età di 67 anni. E' chiaro che se dal prossimo anno ci sarà l'opzione di uscire con 62 anni e 38 di contributi chi avrà questi requisiti aderirà al regime senza farsi troppi problemi.
sabato 20 ottobre 2018
Congresso SLC CGIL Milano.
Francesco Aufieri riconfermato segretario Generale …
domenica 14 ottobre 2018
sabato 6 ottobre 2018
Come si calcola la pensione per i lavoratori delle poste !!!
Anche dopo la soppressione dell'Ipost gli
ex dipendenti delle poste hanno mantenuto l'assimilazione dal punto di vista
previdenziale ai lavoratori statali. Ecco le principali regole per il calcolo
della pensione.
Per gli ex dipendenti delle poste risulta sempre piuttosto difficile la
comprensione delle regole per il pensionamento. Colpa di una serie di
interventi normativi non sempre chiari nel loro intento e di una
privatizzazione non del tutto completa del rapporto di lavoro. Vale quindi la
pena ripercorrere brevemente la storia di questi assicurati.
Sino al 1994 i dipendenti postali erano pubblici
impiegati ed il relativo rapporto previdenziale era interamente analogo a
quello degli altri dipendenti statali (es. insegnanti, magistrati eccetera). La
loro posizione previdenziale era regolata dal DPR
1092/1973 con iscrizione previdenziale al conto assicurativo del Ministero del Tesoro.
Dal 1° agosto 1994 a seguito della legge n. 71 del 1994 il legislatore
stabilì l'iscrizione di tutto il personale di Poste Italiane presso il Fondo di
Quiescenza dell’Istituto Postelegrafonici (Fondo Ipost). A seguito del
trasferimento, ai sensi dell’art. 2 del D.M. 12 giugno 1995, n. 329, l’Istituto
Postelegrafonici provvedeva ad erogare il trattamento di quiescenza e
previdenza nonché le prestazioni di assistenza e mutualità in favore degli
iscritti, sulla base di leggi, regolamenti e patti stipulati in applicazione di
accordi di lavoro.
Il Fondo Ipost ha avuto vita sino al 31 maggio 2010
quando l’art. 7, comma 2, del decreto legge 31 maggio 2010, n. 78, convertito
in legge, con modificazioni, dalla legge 30 luglio 2010, n.122, ne ha disposto
la soppressione ed il trasferimento delle relative funzioni all'Inps. Durante
questi anni il settore ha visto importanti cambiamenti con la privatizzazione
dell'Ente Poste che è divenuta una SPA con numerose società collegate e la una
progressiva trasformazione del rapporto di lavoro per i dipendenti.
Nonostante le vicissitudini relative al cambio di
veste le regole di calcolo della pensione per gli ex dipendenti postali e delle
società collegate a Poste Italiane SPA resta soggetta a regole particolari, a
metà strada tra quelle vigenti per i dipendenti pubblici e quelle previste per
i lavoratori del settore privato. Infatti nonostante la profonda trasformazione
la liquidazione dei trattamenti di quiescenza del personale continua ad essere
determinata in base all’ordinamento pensionistico previsto per gli iscritti
alla Cassa dei trattamenti pensionistici dello Stato (CTPS) applicando
interamente le regole di cui al DPR 1092/1973 per i dipendenti statali.
I criteri distintivi
Ciò comporta che al pari degli altri dipendenti
statali, pertanto,le regole di calcolo della pensione sono più favorevoli
rispetto ai lavoratori dipendenti del settore privato per quattro fattori
principali: 1) la presenza di rendimenti più generosi nelle quote di pensione
calcolate con il sistema retributivo; 2) l'assenza di un
tetto pensionabile almeno sino al 1993; 3) la possibilità di godere di una
maggiorazione della base pensionabile pari al 18% dello stipendio con
esclusione dell'IIS (legge 177/1976); 4) la possibilità di calcolare la quota
di pensione riferita alle anzianità maturate sino al 1992 sulla base dello
stipendio in godimento al momento della cessazione. Con l'introduzione del sistema contributivo, dal 2012 o dal 1996 a
seconda rispettivamente se l'assicurato vanta o meno 18 anni di contributi al
1995 molte di queste differenze sono andate attenuandosi.
Al pari degli altri dipendenti statali ai lavoratori
delle poste non è riconosciuto l'assegno ordinario di invalidità ma la pensione di inabilità alle mansioni (per la
quale occorrono almeno 15 anni di servizio); è riconosciuta però la facoltà del
computo gratuito (e d'ufficio) dei servizi prestati in altre
amministrazioni dello stato ai sensi degli artt. 113 e 115 del DPR 1092/1973;
vi sono forti ostacoli alla concessione del supplemento di pensione per eventuale
rioccupazione dopo la pensione; l'anzianità assicurativa è espressa in giorni,
mesi ed anni e non in settimane; a seguito della Riforma Fornero dal 2012 non è
più riconosciuta la pensione privilegiata; l’aliquota di
finanziamento del trattamento di quiescenza è pari a 32,65%, di cui 23,80% a
carico del datore di lavoro e 8,85% a carico del lavoratore.
A differenza delle lavoratrici statali ai fini della pensione di vecchiaia le lavoratrici delle
poste sono state considerate come lavoratrici del settore privato.
Pertanto sino al 31 dicembre 2011 queste potevano pensionarsi con un'età
anagrafica di 60 anni anzichè 65 anni e solo dal 1° gennaio 2018, con la
scomparsa della distinzione tra pubblico e privato dovuta alla Legge Fornero,
l'età pensionabile ha raggiunto l'età
stabilita per le donne del pubblico impiego, vale a dire 66 anni e 7
mesi (cfr: Circolare Inps 100/2011; Circ. Inps 35/2011)
Parte Retributiva
I coefficienti di rendimento delle anzianità soggette al calcolo
retributivo sono quelli previsti dall'articolo 44 del DPR 1092/1973 per i dipendenti
civili dello Stato (vale a dire 2,33% per i primi 15 anni di contribuzione
e 1,8% per gli anni successivi entro il massimo dell'80% della base
pensionabile). Dal 1995 l'aliquota di rendimento non può superare il 2%. La
parte retributiva dell'assegno si compone della Quota A determinata sulla base dell'anzianità
contributiva in possesso al 31.12.1992 e che si calcola in base all'ultimo
stipendio percepito al momento del pensionamento e della quota B determinata con i criteri di cui al Dlgs
502/1993 riferita alle anzianità contributive maturate tra il 1° gennaio 1993
ed il 31 dicembre 1995 (31 dicembre 2011 se l'assicurato vanta almeno 18 anni
di contributi al 1995) e che si calcola sulla base della media delle
retribuzioni pensionabili percepitenegli ultimi 10 anni di servizio(se al
31.12.1992 c'erano almeno 15 anni di contributi) o sulla base della media delle
retribuzioni pensionabili percepite dal 1993 al pensionamento (se al 31.12.1992
non c'erano 15 anni di contributi).
Parte contributiva
La parte contributiva della pensione (quota C) si applica pro
rata dal 1° gennaio 1996 per i postali in possesso di meno di 18 anni di
contributi al 1995 o dal 1° gennaio 2012 per coloro in possesso di almeno 18
anni di contributi al 1995. Per il personale assunto in servizio dal 1996
l'intero assegno è determinato con le regole di calcolo contributive. La quota
contributiva della pensione è determinata moltiplicando la base pensionabile
annua per l'aliquota di computo (33%); il montante così
determinato è rivalutato per la media quinquennale della variazione del PIL (tasso di capitalizzazione). Alla fine della
carriera lavorativa il montate totale viene moltiplicato per i coefficienti di trasformazione vigenti alla data di
pensionamento determinando così l'importo lordo annuo della pensione.
D. Lavorato
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